Nuove opere in mostra

- L'artista di Pinerolo Maurizio Rinaudo presenta un saggio di alcune sue nuove opere: dipinti di vario genere, ritratti ed acquarelli e disporrà in prima visione ali ospiti dei dipinti di ordine sacro, nei quali l'artista eccelle senza comparazioni, sia nella particolarità delle opere che nella grande bellezza ed eleganza rappresentativa dei meravigliosi elementi scenografici sulla tela, persone, animali e ambienti paesaggistici degni solo dei grandi maestri del passato, capaci di estasiare sempre tutti i visitatori ed i critici più esperti e prevenuti in tema di arte sacra.

- La mostra di pittura e scultura è fruibile al pubblico, in occasione della riunione artisti, nella Galleria di Via Buniva 14, giovedi 29 gennaio 2015.

Un benvenuto a tutti i partecipanti alla bella serata alle ore 21,00.

NOTE DI LETTURA PER UN'OPERA SACRA DELL'ARTISTA. 

La Pietà che, nel caso di questa grande tela magistralmente condotta dal M.o pinerolese Maurizio Rinaudo, sarebbe meglio definire Compianto sul Cristo morto, perchè compaiono altri personaggi oltre a Maria, è un quadro decisamente suggestivo sia per la drammaticità scenica sia per l'impatto visivo. La tela si caratterizza per l'intensa religiosità, la modernità e l'audacia prospettica della scena, con la figura del Cristo, stesa in grembo alla Madonna, parzialmente coperta da un bianchissimo telo e ritratta molto dettagliatamente: sono infatti ben visibili i segni della crocifissione sia nelle mani che nei piedi. A cornice una dolente Maria, interpretata con tratti divini e sorretta moralmente da due pie donne e, sullo sfondo, nota caratteristica che compare in tutti i lavori religiosi di Rinaudo, le croci ed i pagani disinteressati all'evento. Come sempre un primo piano di pietra scura a sottolineare la drammaticità del momento ed un cielo che va dai toni cupi a quelli più soffici per sottolineare che il trapasso di Gesù forerà il plumbeo terreno per condurre l'umanità verso il chiaro della Salvezza. Questa immagine del corpo disteso di Cristo è di una originalità che, come fu per i medesimi soggetti di Giotto o Mantegna, riesce immediatamente a sorprendere. Rappresentare in questo modo il Cristo, mettendo in evidenza i segni del Suo Calvario, in altri tempi poteva essere considerato quasi blasfemo. Questa immagine invece non sacrifica affatto il sentimento religioso, ma anzi sembra esaltarlo, in quanto il taglio particolare fa sì che il corpo del Cristo occupi quasi per intero il campo del quadro. La posizione del Messia, assai originale, esalta inoltre il senso del realismo dell’immagine, così che Egli ci appaia non come una convenzionale figura ereditata dalla tradizione, ma come un uomo reale in carne ed ossa. È come se Rinaudo, con questo quadro, abbia voluto esprimere e rappresentare quanto Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, abbia voluto condividere la condizione umana fino in fondo, al punto da sperimentare su di Lui ogni sofferenza fino al freddo rigore della morte. Alla memoria di chi guarda, il Compianto sul Cristo morto richiama l’altra celeberrima immagine sacra della Sindone, anzi ne è una rappresentazione molto realistica. Per questo è un quadro che rende “inquieto” chi lo osserva. L’importanza del richiamo al telo sindonico venne confermata dalle parole dette da Giovanni Paolo II in occasione della Celebrazione della Parola e Venerazione della Sindone: la Sindone «ci spinge a misurarci con l'aspetto più conturbante del mistero dell'Incarnazione, che è anche quello in cui si mostra con quanta verità Dio si sia fatto veramente uomo, assumendo la nostra condizione in tutto, fuorché nel peccato. Ognuno è scosso dal pensiero che nemmeno il Figlio di Dio abbia resistito alla forza della morte, ma tutti ci commuoviamo al pensiero che egli ha talmente partecipato alla nostra condizione umana da volersi sottoporre all'impotenza totale del momento in cui la vita si spegne.” Così la fede, ricordandoci la vittoria di Cristo, ci comunica la certezza che il sepolcro non è traguardo ultimo dell'esistenza. Dio, come bene emerge anche dall'opera di Rinaudo, ci chiama alla risurrezione ed alla vita immortale. E tutta la composizione provoca lo spettatore a riflettere in modo particolare: invita alla contemplazione, cioè a quella particolare predisposizione d’animo i cui requisiti fondamentali furono indicati efficacemente da S. Antonio; sottolinea la purezza del cuore, che si concretizza nel cogliere il vero valore di ogni cosa; ricorda la povertà, che esige lo spogliamento completo almeno affettivo dai beni terreni; esalta l’umiltà, ovvero una povertà superiore, perché con essa riconosciamo il limite della natura umana riscattata però dall’Incarnazione di Cristo. Certamente l'Artista, nel dipingere il suo Cristo morto, si è posto in queste condizioni d’animo perchè la sua opera rende più concretamente comprensibile la carnalità stessa di Gesù ed il fatto affascinante di questo nostro Dio diventato uomo come noi e sacrificatosi fino alla morte in croce per la nostra redenzione. E proprio questa rappresentazione così potente ed al contempo dolce della morte di Dio – che del dramma umano costituisce l’apice – rimanda alla verità del riscatto successivo, testimoniando quanto la nostra vita non sia inganno, ma esperienza (nonostante tutto) di una indistruttibile positività.

 

                                                                                                   Giorgio Barberis – Critico d'Arte