''Su le dentate e scintillanti vette / salta il camoscio, tuona la valanga / da' ghiacci immani rotolando per le / selve croscianti: / ma da i silenzi dell'effuso azzurro / esce nel sole l'aquila, e distende / in tarde ruote digradanti il nero / volo solenne''.
Sono i versi di Giosuè Carducci e del suo ''Piemonte'', forse, l'introduzione migiore per parlare di Maurizio Rinaudo, che vede la sua carriera e la sua opera rilette oggi dalla mostra inaugurata sabato 14 novembre 2009 presso lo spazio espositivo della Galleria-Libreria Millevolti. Madame Paris vi sa prendere il suo spazio, così come Venezia o gli amarognoli interni. Ma i suoi quadri raccontano prima di tutto un'autobiografia e lo fanno con semplicità e fierezza. Venasca e il 1946 gli danno i natali; giovinezza e adolescenza le passa a Pinerolo, dove si diploma geometra ( le arti figurative saranno una scoperta successiva) e già fa fruttare il retaggio contadino che ne renderà inconfondibile la produzione, seppur in maniera meno aulica e più...concreta. Suo è infatti un ''progetto per macchina agricola'' depositato negli anni Settanta presso la sede della Comunità Europea a Bruxelles. Esperienza cui fa seguito quella dell'impresa di progetti immobiliari che porta il suo nome, parallelamente alla quale Rinaudo comincia a sperimentare i linguaggi dell'olio, del carboncino,della china. Alla decade Settanta/Ottanta dello scorso secolo - e alle corrispondenti mostre non solo nel capoluogo piemontese ma anche New Iork, a Roma, a Parigi, in Liguia - appartiene l'affermazione artistica definitiva, che lo affianca a Carena, Piantino, Bruera, Prato, Paulucci, Mussolini. Curiosa la sua vocazione da pittore ''di terra'' per collezionisti raffinati; artisticamente parlando è un "generoso, date le vie - tematiche più formali - battute dalla sua ricerca. Nonostante il suo approccio sia fortemente personale, non c'è traccia in Rinaudo di alcun malinconico pietismo rurale. Il tocco è sicuro è misurato; la prospettiva, rigorosa e ben costruita. Piuttosto, gli piace essere il pittore delle cose umili, della polenta e del latte. Sullo sfondo di cieli bonariamente burberi i suoi parsonaggi danno come l'impressione d'essere viandanti eternamente di passaggio; con lui sorpreso, tramite la sua pittura, nell'atto di invitarli a restare, a trattenersi. Succede anche negli scorci di città, dove Torino e Parigi si (ri)scoprono sorelle nelle calde sere d'estate, quando le piazze mai troppo vuote s'innaffiano di luci e il giallo aranciato incontra i bruni e i viola in una carezza jazz. E' la storia di Maurizio Rinaudo: storia d'amore per un Piemonte conviviale nella sua frugalità, eppure talvolta così sobriamente charmant. Appunto, tra le "grandi Alpi" e la "regal Torino". Proprio come sarebbe piaciuto a Carducci.