La pittura di Maurizio Rinaudo s’inserisce nell’ambito della tradizione figurativa piemontese, in una direzione in cui i soggetti esprimono «la gioia nel dipingere» e la capacità di trasmettere il fascino di luoghi, architetture, nature morte.
L’attenzione con la quale i critici Giorgio Barberis e Mario Marchiando Pacchiola ha guardato e interpretato il suo mondo, costituisce senza dubbio una testimonianza per una stagione permeata da sottili emozioni, dalla luce atmosferica e da un cromatismo controllato e freschissimo. Vi è, quindi, nei suoi particolari e verticali quadri l’essenza di una piacevole definizione della veduta di un laghetto in autunno o di uno scorcio della Val Varaita, dello scorrere delle acque del Po al Valentino o delle case di un paese della Val Chisone.

L’artista di Osasco, nato però a Venasca in provincia di Cuneo, si identifica con una limpida «lettura» della natura che va riscoprendo, di volta in volta, percorrendo la Val Pellice o l’Isola d’Elba in una sorta di itinerario all’interno della storia e dei costumi del territorio.
Rinaudo ricompone, perciò, sulla tela, un piccolo porto e una strada affollata tra alti palazzi, la struttura del Castello del Valentino, sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, e l’innevato e suggestivo centro storico di Saluzzo.
In ogni caso, la sua pittura è funzione di una sensibile indagine intorno a un ambiente profondamente amato e sentito, di una misurata soluzione tecnicoespressiva che gli ha permesso di essere invitato, sin dal 1980, a mostre allestite a Torino, Asti, Roma, San Bartolomeo al Mare, Pinerolo, Venezia, Parigi e New York.
Le figure stilizzate e romantiche lungo viali alberati, un vaso con fiori, un contadino nell’orto, costituiscono altrettanti momenti del suo cammino artistico e di quel riconoscersi con l’ambiente, con i sogni di un’intera esistenza, con gli alberi d’inverno.

Pittore, scultore, grafico, Rinaudo non perde mai di vista il valore della composizione, l’armonia del paesaggio con alte vette e baite e assolate radure estive, la nitida «costruzione» della rappresentazione che mette in evidenza la giornata dei montanari o un caminetto all’interno di una comune abitazione.
Accanto alle impressioni quotidiane, Rinaudo ha definito una serie di svettanti campanili che permettono di individuare l’Abbazia di Staffarda e la chiesa parrocchiale di Osasco, San Maurizio a Pinerolo e Miradolo (San Secondo di Pinerolo) dove, dopo la ristrutturazione, sono state organizzate le mostre dedicate a Lorenzo Delleani e ai reperti dell’Egitto. E poi il Campanile di Cavour e quello di Garzigliana, che raccontano storie di fedeli, di silenzi, di una sottesa spiritualità che stabilisce un immediato e interiore rapporto con il pubblico, con quanti avvertono la poesia di una natura reinterpretata con semplicità e candore.


Dott. Angelo Mistrangelo
Giornalista e Critico d’Arte